Situata a 1400
metri di altitudine Danta di Cadore gode di una
privilegiata esposizione al sole e di un ambiente
naturale pressoché integro, ricoperto per vaste
superfici da densi boschi di conifere: principalmente
abeto e larici
Offre elementi naturalistici di grande interesse per
le molteplici biodiversità presenti nel suo
territorio e punti panoramici di eccezionale
bellezza. La corona di montagne che la circonda senza
sovrastarla le conferisce un tocco di regalità e le
consente un rapporto a tu per tu con le sue cime.
Tutt'intorno al paese un alternarsi di boschi e prati
verdissimi che da maggio si riempiono di fiori
cambiando via via tonalità di colore.
Due torbiere recentemente studiate costudiscono nel
loro sottosuolo un patrimonio di informazioni
importanti sui segreti della storia del mondo e in
superfice si presentano ricche di vegetazione con
piante rare e minuscoli fiori carnivori. Sul
territorio è presente la quasi totalità della flora
alpina protetta e uno straordinario numero di
orchidee spontanee.
Danta offre al visitatore il volto di un paese antico
ed austero, appena ingentilito dai balconi fioriti
che tuttavia non tentano di travisarlo, silenzioso e
con pochissimo traffico. Gli abitanti sono fieri ed
affabili, consci dei sacrifici di ieri e dei meritati
agi di oggi.
A Danta si viene, non si passa per caso.
Poi...si torna.
Se cercate la vacanza frizzante, la gente, lo
shopping, un pò di stordimento non venite qui; qui è
per chi ama il silenzio, le passeggiate in quota, la
natura padrona, il cielo attraversato dalle rondini e
dai falchi, firmato dall'arcobaleno subito dopo il
temporale. |
Un po di
Storia
DA ANANANTO A DANTA
Come portato dal vento, terso e festoso, è il primo nome
di Danta: Anananto. Esso compare in un diploma imperiale
del 952 d. C. che elenca alcuni beni che furono donati
alla badia di San Candido.
IL NOME
Si muta in Anaganto cinquant'anni dopo, in Anta nel XII,
secolo, in De Anta e Antla in quello successivo. Tutt'ora
si chiama delle «Ante» l'erto sentiero che sale da Santo
Stefano, Danta potrebbe anche derivare da «de-antrum», a
indicare villaggio prossimo a una caverna, o dal
Sanscritto «anta», che diventa «andeis» nel gotico,
«enti» nell'antico tedesco ed «ende» in quello moderno,
«end» in inglese, «ind» nell'irlandese, tutti
nell'eccezione di fine o punta o capo o estremità.
Ma sono tutte supposizioni labili e suggestive che ci
portano a smarrirci in epoche di cui nulla è rimasto. In
tutto il Comelico infatti mancano ritrovamenti
archeologici preistorici e romani, anche se una confusa
tradizione sostenga che sul Col Caradies si trovino segni
di fondamenta del Castrum Comilicum, o Comelico, come
affermano gli storici friulani. Probabilmente fu solo nei
secoli VI° e VII° che le impervie e selvagge valli
comelicensi ebbero i loro primi abitanti, costretti ad
abbandonare la Val Pusteria dalle crudeli invasioni
barbariche. E gli ultimi furono quelli che si rifugiarono
sui piani estremi alla confluenza del Padola col Piave,
dapprima verso il Col Piedo e in seguito nell'attuale
sede. Appunto perchè il luogo era il più alto ed
avanzato, lembo ardito e sporgente, quel primo nome
sicuro ci affascina e ci persuade come se fosse stato il
prodotto di una felice e consapevole scelta.
COMUNICAZIONI
Allora tra Santo Stefano e Cima Gogna non c'era che uno
scomodissimo viottolo, la strada delle Scalette; solo nel
secolo scorso fu costruita una vera strada, quella della
valle. Chi voleva spingersi verso la pianura doveva
passare sotto Danta, percorrere cioè l'antica strada del
Comelico, alla quale si congiungevano quella del
Centenaro che veniva da Campitello e le altre che
venivano da Gera e da Candide e che scendeva a Santa
Caterina di Auronzo, costeggiando la riva destra del
torrente Dieba. Erano strade ghiaiose e malagevoli e
tutto era assai aspro e cupo, i boschi fitti e scoscesi,
sterminata dimora degli orsi. La gente conduceva una
grama e primitiva esistenza, raggruppata in appartate e
minuscole borgate, alcune delle quali, come Palù,
destinate a scomparire, tra. volte da sconosciute
sciagure.
AMMINISTRAZIONE
Ma già sulla base di una economia esclusivamente rurale e
di antichissimi usi, cominciavano a definirsi gli
originalissimi caratteri di questa gente e a precisarsi
quelle tipiche inconfondibili istituzioni di autonomia e
libertà che furono le Regole, con i Marighi i Laudatori e
i Saitari, e con gli statuti chiamati Laudi (quello di
Danta, con ventiquattro capitoli, è del 1575) ; rigorosi
e minuziosi nel fissare diritti e doveri di tutti i
Regolieri, coloro cioè che della Regola facevano parte.
Le cariche erano tutte elettive a «a rodolo», cioè a
turno, nonchè talmente obbligatorie che i renitenti
potevano -essere puniti addirittura con la demolizione
della casa. Si distinguevano i boschi in «viza da fogolar»
(per legna da ardere), in «viza da dassa e zema» (per
rifabbrico), «viza da lavine» (a salvaguardia delle
frane) e in «viza» per le chiese. Gradualmente si
costruirono più estese strutture organizzative e le
Regole si associarono nei «Comun» questi nei Centenari e
questi infine nella Magnifica Comunità Cadorina che, nel
1335, si diede il suo primo statuto fondato su quello
concesso un secolo prima dai Caminesi. Lo rispettarono e
lo confermarono i miti e tolleranti Veneziani quando agli
inizi del secolo XVI tutto il Cadore cadde sotto il loro
dominio durato sino alla fine del XVIII° secolo.
CENTENARI
Due erano i Centenari del Comelico: quello del Comelico
Superiore coi Comuni di Candide (capoluogo) e di San
Nicolò e quello del Comelico Inferiore coi Comuni di
Santo Stefano (capoluogo), di San Pietro e di Casada.
Danta era divisa in Mezza Danta di Sopra che apparteneva
al Comune di S. Nicolò e, in Mezza Danta di Sotto che
apparteneva al Comune di Casada.
NOMI
Dapprima il criterio della divisione fu il "tolpo" della
fontana (ahimè recentemente distrutta!) in seguito
sistabilì di assegnare alla prima le famiglie Doriguzzi(che
deriva da Dorico, trasformatosi poi per aferesi inDorigo
e nei vezzeggiativi Doriguccio e Doriguzzo) eMaddalin
(che deriva da Maddalenina, diminutivo di Maddalena,
accorciate per sincope); e alla seconda le famiglie
Mattea (matronimico, derivato dal nome femminile di
Matteo), Menia (anch'esso matronimico, derivato da
Domenica, accorciato per aferesi in Menica equindi in
Menia) e Tosi (di dubbia derivazione, forse non
tagliati)Dante si riunirono quando, ceduta agli Asburgo
la Repubblica Veneta, cessava la gloriosa autonomia del
Cadore coi suoi Centenari e spartito il Comelico nei tre
Comuni di Santo Stefano, San Pietro e San Nicolò, esse
furono attribuite a quest'ultimo come unica Regola o
meglio, frazione.
DANTA COMUNE
Ma dopo pochi decenni, nel 1843, Danta diventa comune,
soprattutto grazie al pertinace impegno del suo
poeta-contadino Antonio Doriguzzi Rossin, autore del
"Carlo Leopoldo" poema di 14 canti di ottave, che celebra
la liberazione di Vienna dai Turchi ed il trionfo della
religione e che fu dedicato al vicere' Ranieri. Ma viene
da credere che in lui si rendessero espliciti un anelito
e un bisogno di libertà che da secoli si erano
fortificati in tutti i dantini e che già don Natale
Talamini aveva lucidamente intuito quando a Danta si
rivolgeva come alla "San Marino della Patria mia".
Sono queste alcune tra le più importanti e interessanti
notizie che ci tramandano gli sparsi ed aridi documenti e
logori manoscritti non facilmente reperibili e spesso
illeggibili.
Essi ci narrano che anche:
Danta sino al 1701, quando costruì il suo primo cimitero
(non l'attuale, che è del 1864) doveva battezzare i
neonati e seppellire i morti, in parte a San Nicolò e in
parte a Santo Stefano e che proprio per questo il «Col
dei Morti» ricevette questo nome, dalla breve sosta che
sulla strada delle Ante usava fare- la processione
funebre.
Una prima chiesa fu dedicata a Dio nel pian di San
Bastian nel 1490 e che l'attuale, costruita tra il 1786 e
il 1790, fu consacrata ai santi Rocco e Sebastiano nel
1820.
Divenne parrocchia indipendente solo nel 1860 sborsando
una ingente somma alle tre pievi di Santo Stefano, San
Nicolò e Candide, alle quali apparteneva
ecclesiasticamente.
Accennano agli altarioli, o capitelli, eretti nel 1709 a
Santa Barbara, dove in seguito fu anche costruita una
chiesetta, e nel 1886 a Sant'Antonio sotto il monte Zovo
e a una processione che fecero a Danta gli Zoldani nel
1631 in occasione della grande peste.
FAMIGLIE E ATTIVITA’
Ci riferiscono che Danta aveva venti famiglie a metàdel
secolo XVIII°, 300 abitanti intorno al 1800 e 500 verso
il 1900, quando esisteva anche un'osteria «Alla Giraffa»
(di Paolo Doriguzzi Bozzo) e c'erano 10 falegnami, 1
fabbro, 2 muratori, 6 calzolai, 1 arrotino e 2 stagnai.
Esaltano la nobile figura del canonico Anastasio
Doriguzzi spentosi a tarda età nel 1873, Vicario
Vescovile a Belluno. Ma forse di più ci inteneriscono
questi umili testi, quando indugiano ad elencare le tante
sventure della condizione umana e le tante collere delle
stagioni, epidemie, carestie, alluvioni, valanghe e
nevicate, grandinate e i frequentissimi incendi, quasi
sempre provocati dai fulmini, che divorano le fragili
case di legno che uccidevano intere famiglie con le loro
poche bestie. Riescono a farci rivivere lo spavento di
quelle ore, quei fuochi enormi che arrossavano la valle e
contro i quali solo alla fine del secolo scorso si pote'
provvedere rifabbricando a muro tutti gli edifici. E
riescono a farci comprendere quanto dura e insidiosa
fosse la vita di allora, quante sofferenze e quanti
sacrifici costasse.
POETI DI IMMAGINI
Ma tuttavia quel luogo aveva qualcosa che altri luoghi
non hanno, una sorte propizia che nel secolo scorso
dettava al Talamini questi trepidi versi:
A Danta il ciel T'invia
al San Marino della Patria mia
«Danta sopra un'eccelsa balza,
come sopra un pinnacolo, s'innalza,
sopra cui per tetto
l'ampio si stende padiglion dei cieli
e la sublime maesta' dell'Alpi
le fan scudo e cornice e liete brillano
siccome vago anfiteatro interno,
le sparse ville; e a lei pur manda il primo
saluto il sol che nasce e la rallegra
del limpido mattino il sorriso divino,
mentre le selve che le fan ghirlanda
e l'aer vivo in giro
tutto s'inebria degli augelli al canto,
e spira in ogni lato
una pace ineffabile il creato»
IL COMELICO
E al Ronzon questa pagina non meno commossa: «Ecco il
Comelico! Dal Colle di Danta, come da uno stupendo
osservatorio, io lo ravviso tutto, con le sue valli, con
le sue acque, con la corona dei suoi monti, con le sue
negre foreste.
Ecco ad oriente la valle del Piave, a settentrione
quella del Padola ed in mezzo quella del Digon. Ecco
Montecroce, Silvella, Mellin e a mezzogiorno il giogo del
romantico Piedo e le rocce del formidabile tudaio: ed
ecco tra mezzogiorno ed occidente lontan lontano mille
altri Vertici di monti e sopra tutti gigante I'Antelao,
che par che dica: regno anche la'! E' uno spettacolo
imponente, che veduto in un bel mattino d'agosto, quando
il sole sorge dietro il Peralda, quando i prati sembrano
tempestati d'argento, quando le selve risuonano dal canto
degli uccelli e mandano un grato profumo di resina, ti
rapisce, t'incanta, t'innamora, da' all'anima uno slancio
più ampio e par che la sollevi verso il cielo».
Questi sono stati tra i primi ad esternare quella
scoperta e vibrare come toccati da un meraviglioso
prodigio. Seguiti da Luigi (barese che da oltre cinque
lustri trascorre quassù le vacanze - dantino di
adozione), Fiorenzo (dantino che giovanissimo seguì la
famiglia all'estero e rientrato nel secondo dopoguerra),
Agostino-educatore di Pordenone (affezionato a Danta come
Luigi) e molti altri, Dantini e non, tutti collaboratori
per questo libretto. Ma non solo com'essa è attualmente,
contemplata alla superficie, come uno scenario gradevole
e distensivo da ammirare e descrivere con vigile e
attenta ma pur sempre occasionale e svagata curiosità.
Nemmeno li ha stimolati il solo proposito di cogliere in
essa le scarse e disperse tracce del suo passato e di
strapparle alla corrosione del tempo, ma in fondo
l'atteggiamento di chi è persuaso che quel passato non ci
riguarda più, non ci dice più nulla e solo si serve
perché ci consente di abbandonarci alla seducente malia
del distacco e dell'evasione.
Per essi presente e passato sono fusi e intrecciati tra
loro, nel primo penetrano e quasi s'immergono perché vi
trovano le orme e i segni d'un passato che non si riduce
a sconnesse e fredde notizie, a meschini e marginali
accadimenti, ma svela, se indagato e interpretato con
diligente e sensibile sollecitudine, significati e valori
profondi e duraturi. Quel passato merita di sopravvivere
perché aveva qualcosa che contava una volta e ancora
conta, deposto e quasi nascosto nella vita e nella realtà
della Danta d'oggi.
E' ciò che i collaboratori hanno fissato ed intendono
comunicarci con il liguaggio, poetico, descrittivo, delle
loro fotografie e dei loro disegni e non aspiravano a
presentarsi come la manifestazione d'una realtà
eccezionale e clamorosa quanto a proporci una
disposizione di estrema e nativa semplicità.
Ci trasmettono il senso d'una vita ancora sana e
incontaminata, non ancora avulsa dalle sue robuste radici
e dalle sue solide fondamente e resa incapace di
resistere agli urti e alle pressioni del mondo che la
circonda per tanti aspetti, squassato, sfibrato e
sfigurato. Severa compostezza, controllata vitalità sono
nei volti dei loro personaggi; vi si riassumono la
saggezza e la fierezza di lunghe operose esistenze che
non si sono piegate mai all'odio e alla disperazione, che
sono procedute tenaci e fiduciose negli esigui confini di
quelle case e di quelle strade sobrie e disadorne. E i
loro paesaggi, che si espandono verso la magnificenza dei
picchi e delle selle nel muto respiro dei cieli, ci
avvertono che qui non fu perso il contatto con la natura,
che non si lacerò il rapporto con le sue inflessibili ma
mirabili leggi.Non sfoggio o capriccio sono la perfezione
tecnica e la perizia di queste opere così parche e
discrete, allusive e sfumate, che non vogliono imporsi o
sovrapporsi ad altre e diverse meditazioni e valutazioni,
ma si accontentano di offrirci il contributo di una
autentica personale esperienza, di rivolgervi un
amichevole invito, un sommesso messaggio.E se è vero che
ciascuno di noi vorrebbe, pur rimanendo fedele,
s'intende, alla terra in cui è nato, scoprire un paese
ideale, al quale ci sia più facile adeguare le nostre
migliorie segrete vibrazioni e speranze, che sia più
conforme alle misure e ai moti della nostra vita
interiore, che ci dia modo di ricomporci e di
ricostruirci, di ritrovare il calore dell'amicizia e
dell'abbraccio, di rasserenarci nella luce d'uno schietto
sorriso, se tutto ciò è vero e se
Talamini-Ronzon-Luigi-Agostino-Fiorenzo e amici Dantini e
non, hanno presentato felicemente, allora le loro poesie,
fotografie, scritti e disegni, costituiscono anche o
soprattutto, un atto di omaggio, un gesto di
riconoscenza: la restituzione d'un dono prezioso. E nulla
di più vuol essere questa brevissima presentazione che
l'espressione di una altrettanto affettuosa gratitudine
verso i cari amici che aiutano gli altri a scoprire con
affine emozione la leggendaria Anananto di un tempo e la
viva e incantevole Danta di oggi.
DANTA m. 1396 s.l.m. Provincia di Belluno (km.
73,7)
Mandamento di Pieve (km. 31)
Situato sullo spartiacque Padola - Piave - Ansiei, è tra
i più alti comuni d'talia.
E' collegato coi passi vicini: - S. Stefano km. 10
Auronzo km. 13
Padola km. 7
con strade provinciali asfaltate che sboccano sulla
strada nazionale di Alemagna.
L'economia si è trasformata, in questi ultimi decenni, da
rurale a industriale, con fabbrica in luogo e nei paesi
vicini.
II lavoro dei campi è quasi abbandonato. Gli emigranti
stagionali, prima orientati verso la Germania e Austria
come boscaioli, manovali, piantatori di alberi, sono
orientati ora verso Germania, Svizzera, Francia come
muratori, meccanici, produttori di gelati, addetti al
turismo ed albergo.
All'inizio del secolo alcuni dantini si distinsero
nell'Europa danubiana come abili costruttori di
ponti.Emigranti semi permanenti e permanenti si trovano
un po' dappertutto, in Europa, Australia, Nord e Sud
America.
Ogni famiglia ha la propria casa, di proprietà,
facilitata, nella costruzione, dal contributo del Comune,
che, fin dal 1890, promuoveva il rifabbrico delle case in
muratura - sovvenzionando in proporzione al numero dei
componenti - e continua ancora, sobbarcandosi una
notevole spesa, sopportata dalla resa dei boschi di
proprietà delle Regole.
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